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VI RACCONTO UN SOGNO

di Roberto Palladino

Quello di questa notte.

Ero accanto al camino a godere la fiamma che dispettosa mi danzava davanti. Consapevole che non sarebbe durata molto, la stavo osservando con tenero affetto associandola alle scorribande, ai salti e alle capriole che avevano animato la mia gioventù quando un vociare soffuso suscitò la mia attenzione e, sbirciando attraverso i vetri opachi della finestra, intravidi tanti vecchietti, chi col bastone e chi con la lanterna, che girovagavano senza una meta per le viuzze del borgo curiosando negli anfratti, dietro i muri diroccati e tra gli arbusti. Ovunque ci fosse un riparo. Cercavano qualcosa.

Incuriosito sono uscito e, senza chiedere, mi sono unito a loro. Non dialogavano, ma ognuno biascicava, per conto proprio, parole incomprensibili. E così, senza rendermene conto, cominciai anch’io.

Si era fatto davvero tardi, la mezzanotte era prossima e nulla era cambiato tranne il vociare che si era infittito ulteriormente per il gran numero di vecchietti che nel frattempo erano accorsi senza un perché. Cerca di qua, cerca di là, ma niente di fatto. Ognuno, ingobbito dagli anni e dagli acciacchi, a testa china e con occhi velati, ispezionava il luogo.

C’era, però, determinazione in quella ricerca! La stessa fermezza che li aveva sostenuti anni addietro per superare i difficili momenti del dopoguerra e le vicissitudini che immancabilmente tracciano i solchi di una vita.

E intanto il tempo passava, stava per scoccare la mezzanotte quando da una casupola adiacente si levò il vagito di un bambino. All’unisono ci voltammo per cercarne la provenienza e, come per incanto, cominciammo a comunicare tra di noi.

Un semplice segnale di vita aveva ridato vigore e senso a tutto ciò che era stato. Al passato, a quello che avevamo fatto e avremmo potuto fare ancora. Una nuova vita è come un lumicino che si accende nel buio, è la motivazione del presente e la consapevolezza del patrimonio che rappresentiamo per i nostri giovani. Era proprio ciò che forse inconsciamente stavamo cercando e il richiamo di quel neonato ridava vita e valore ai nostri anni.

Non chiudiamoci, allora, a guscio. Non isoliamoci. Non lasciamoci sopraffare dalla malinconia. Continuiamo a sorridere alla vita. Affrontiamola con gli occhi eccitati dei bambini. Con quegli stessi occhi che si sgranano per un nonnulla.

Prendiamoli per mano e accompagniamoli nel loro percorso. Diamo vita e valore a questi nostri anni godendoci le novità che essi ci presentano consapevoli che quel che cerchiamo nel buio del nostro isolamento, al malinconico tremolio di una fiammella che si sta spegnendo è lì, accanto a noi e il vagito di un bambino non è altro che una richiesta di vicinanza, affetto e serenità che possiamo ancora, e forse più di prima, incondizionatamente offrire.


A LEO, PER NON DIMENTICARE

4° trofeo “Leo Leone”

di Roberto Palladino

Fermare il tempo non si può. Né, tantomeno, cancellare il passato. Anzi, questo s’insinua come un tarlo nel vivere quotidiano, nel pensiero, nell’azione, nel comportamento. È il filo conduttore del nostro agire.  E coinvolge anche chi ci è accanto: la famiglia, gli amici, … i ragazzi.

Bene, allora, ha fatto il comitato molisano del Centro Sportivo Italiano a ricordare e, per chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo, a commemorare Leo Leone.

Figura straordinaria nel panorama sportivo e culturale della nostra regione, approdò a Campobasso negli anni cinquanta con la congregazione marianista ricoprendo il ruolo di istitutore presso la Casa degli Orfani di Guerra, l’attuale sede del conservatorio musicale “Lorenzo Perosi”. E proprio lì, tra quei giovani che della guerra avevano pagato le conseguenze più dirette, e quelli dei quartieri meno abbienti della città, diede vita alla favola della Virtus. Leo aderì, così, senza indugio, alle iniziative del Centro Sportivo Italiano di cui condivideva appieno le finalità educative e, nel tempo, ne divenne uno dei rappresentanti più autorevoli, anche a livello nazionale.

Oggi, a distanza di sei anni dalla sua scomparsa, la presenza è ancora fortemente avvertita ed è nostro compito e dovere rinnovare e trasmettere quelle emozioni che ha saputo suscitare. Bravi, allora, gli operatori del Centro Sportivo Italiano che con entusiasmo e perseveranza hanno organizzato la quarta edizione del trofeo a lui dedicato e bravi i ragazzi della Virtus che con la loro presenza hanno onorato chi gli ha permesso di essere protagonisti di questa splendida favola che ebbe inizio nel lontano 1959.


Vogliamo che i nostri figli siano le prime ballerine e che non si

 stanchino mai di stare sulle punte. Dov’è finito il divertimento?

 LETTERA APERTA

di Nicola Palladino (1987)

 

Cari genitori (la confidenza nasce dall’essere colleghi in quanto a figli), so bene che la nostra è fatica da galeotti. Fatalmente una condanna d’amore ci spalma nel cervello l’immagine dei nostri ragazzi. Dovunque siamo, qualunque cosa facciamo.

I figli so’ piezz’ ‘e core”, sospirò Eduardo. Senza un refolo di poesia dico che sono anche capaci di farti il cuore a pezzi. Dipende da loro e da noi.

Di sicuro c’è che nei nostri riguardi furono diversi la cura, l’atteggiamento, non l’affetto, con cui i “vecchi” ci lanciarono sulle montagne russe della vita. Ruvidi come carta vetrata ci accompagnarono, con la mano stretta, solo fino al primo dosso e poi dissero: “Andate!”. E siamo andati.

Ci hanno seguito da lontano, senza farsi vedere. Bene o male ce la stiamo cavando: abbiamo poco da rimproverargli.

Noi, invece, abbiamo infilato nella prole una sonda dritta al cuore, come palombari scivoliamo nelle sue vene, ne spiamo il sonno, ne decodifichiamo i sogni, le regaliamo la carta topografica dei nostri desideri.

Nel tentativo di colmare quello che definiscono il “generation gap”, vogliamo incontri ravvicinati fino alla sovrapposizione per capirli e anticiparne i passi, per far aggallare le motivazioni, per innescare gli incentivi. Vogliamo essere il propellente di un missile che buchi il cielo di un’ambizione luciferina e, al di là di ogni barriera, colga l’obiettivo più alto. Finché possiamo, li lasciamo liberi di pensare e di agire assolutamente come noi vogliamo che facciano. E noi vogliamo spesso cose idiote e facciamo professione di imbecillità.

Il bambino non è più un investimento in fatto di umanità, una polizza in direzione di un futuro con meno affanni, ma un profitto per incrementare il nostro palmares di genitori avventurati, di lungimiranti pigmalioni.

Nemmeno lo sport si affranca da queste intenzioni dolorose. Dice Benjamin Spock, il più famoso pediatra del mondo ed ex medaglia olimpica di Parigi: “Mi arrabbio quando sento dire che un bambino è naturalmente portato a competere, a sapere se è arrivato primo o ultimo, ad odiare il su avversario. Falsità. Il bambino vuole divertirsi, provare soddisfazione. Ed è totalmente fuori luogo l’attenzione che noi riserviamo ai vincenti, a chi primeggia, ai Rambo esistenti nel mondo”.

So che nel mondo esiste la lotta ad oltranza, la competizione, ma forse nei nostri figli certe realtà non vanno incoraggiate ma combattute. Li educhiamo ad un mondo cinico e spietato per attrezzarli alle piccole guerre quotidiane. Non so se un bambino cresciuto con molte paure ed infiniti stress sarà più capace a fronteggiare questi stati emotivi. Forse no: sarà sicuramente più teso ed aggressivo. Ma a noi poco importa. Vogliamo che i nostri figli siano le prime ballerine e che non si stanchino mai di stare sulle punte. Dov’è finito il divertimento?  Scesi dalla montagna della nostra esperienza, abbiamo consegnato loro il decalogo: siate primi in tutto: super a scuola, super nello sport. E lo sport, che è invece lo sponsor impagabile di ore liete, disintegra in tal modo, i gesti mirabili, la fantasia che ogni ragazzo ha dentro di sé. Soldi e successo, come l’idolo di Aronne!

In nome di questi dei crocifiggiamo, in sale locuste, facendo prepotenza al loro corpo e alla loro intelligenza, altre qualità, altre capacità che potrebbero certamente aiutarli ad essere più ricchi “dentro” e più disposti e pronti a capire il mondo e la gente che li circonda.


LUCIO…LUCIO…LUCIO…

di Nicola Baranello

“Gli esempi ed i gesti concreti restano e

sedimentano e tu, Luciano, ne sei stato prodigo”.

                                         Grazie per la tua eredità”.

                                                                                              La Virtus

Abbiamo scritto così sulla targa che ora è sotto la tua foto.

L’appuntamento era fissato da tempo, ma poi abbiamo ritardato troppo per incastrarlo all’ interno di altri impegni. Credo ci aspettassi. Mi sono sentito in colpa. Pensavo ci rimproverassi per il ritardo. Ho fatto mente locale: non lo avevi mai fatto, anche quando non avevamo mantenuto le promesse di raggiungerti per portarti compagnia.

Ci aspettava tua sorella ed il marito, davanti alla tua nuova residenza, un bellissimo borgo, proprio alla periferia del territorio dove eri nato, ma dove eri stato pochissimo, per te troppo bello, troppo ricco, troppo distratto. Le prime Dolomiti che si buttano nel lago, le vele e le barche eleganti che sfrecciano sul lago. Anche il nuovo borgo dove dimori da due anni è fuori dagli standard abituali, accogliente, viali belli, tutte le residenze piene di fiori, rastrelliere con innaffiatoi appesi a disposizione di tutti ad ogni angolo, cipressi perfettamente curati, fin troppo mi sono fatto scappare: almeno alle punte non tarpate le ali, non arrotondatele, fate anelare la libera crescita verso il cielo.

C’era un bellissimo sole e anche l’atmosfera del borgo non sembrava triste, come normalmente si ha in questi luoghi. Eravamo pochi intorno a te ma ci sentivamo di rappresentare tutti quelli a cui tu hai donato senza alcun risparmio ogni energia per 60 anni; quelli dei primi 20 anni della gioventù a Campobasso e dintorni per studi; quelli dei 20 anni della maturità in Calabria rappresentata da Vincenzo che si è regalato la vicinanza a te anche adesso; quelli degli ultimi 20 anni, della saggezza, della piena consapevolezza, della generosità assoluta, gli anni regalati agli ultimi tra gli ultimi in Albania. Sentivo davanti a quella tomba di rappresentarli tutti, Leo, Nicola, i miei compagni della Virtus di allora, la Virtus di ogni tempo che ha raccolto i frutti sedimentati, come ha scritto Roberto. Sentivo quel coro che ricordo sempre come una meravigliosa canzone che ti accoglieva a Lezhe, in Albania, all’ingresso di quel villaggio di disperati, di baracche e catapecchie varie: Lucio…Lucio…Lucio… Eri l’unico che poteva accedere tranquillo e poteva essere accolto in quel modo. Lì hai lasciato Gerard e le migliaia di persone che in Albania avevi raccolto nel fango dell’alluvione e per i quali hai combattuto ed ottenuto il rispetto di diritti fondamentali come quelli della scuola.

Quella foto mi ricordava le ultime volte che siamo stati da te a Lezhe. Ci aspettavi sorridendo, con voce squillante esternavi tutta la tua gioia di sentire qualcuno al tuo fianco; per noi eri un eroe, un vero grande missionario, che aveva sfidato tutto e tutti per raggiungere i propri sogni. Sì, perché non mancavi mai di ricordarci che quando a sognare è uno solo, i sogni restano tali, quando sono in tanti a sognare i sogni diventano realtà.

Caro Luciano, in un pomeriggio di sole bellissimo, in una atmosfera di profonda emozione, la Virtus di ogni tempo ha voluto dirti grazie per quello che ci hai testimoniato.


“LARGO AI SETTANTENNI” (…???)

di Nicola Baranello

Presidente del Gruppo Sportivo Virtus

Ho avuto modo, in questi giorni di fine estate e di riavvio in pieno delle attività, di incontrare persone per attività professionali o per altro, che mi hanno chiesto della Su e Giù; ai pochi che non me lo hanno chiesto gliel’ ho ricordato io. Mi hanno chiamato gli amici dalla Calabria e da Milano per prenotare voli e permessi. Qualcuno ha fatto spostare importanti cerimonie già fissate per quella data: 13 novembre 2022.

Ogni volta mi sono sentito bene, profondamente gratificato di questa appartenenza al Gruppo Sportivo Virtus. A volte alla mia età penso: ma che ci sto a fare? Ma è giusto?

Nei giorni scorsi sul Corriere in prima pagina è uscito un articolo di Massimo Gramellini dal titolo particolarmente pungente “Largo ai Settantenni”. Mi ha fatto molto riflettere. Soprattutto mi ha convinto ancora di più che essere riferimento, aiutare, fare performance nelle attività professionali e non professionali, supportando, affiancando, trasferendo conoscenze ed esperienze potrebbe non essere sufficiente. Occorre accordare tanta fiducia ai giovani, ai ragazzi che non scappano dalla realtà, dalle sfide, dal territorio, dai loro “borghi”, ma che si cimentano anche con fatica, nelle sfide che le attività non solo professionali presentano; basta spostarsi di lato facendo loro posto, forse transitoriamente con qualche performance in meno. Se si mettono le dighe o si deviano i fiumi l’acqua non arriva a valle. Se invece siamo capaci di gestire il suo passaggio con attenzione e con adeguato convogliamento o affiancamento, di là nel tempo il risultato sarà rigoglioso.

Per questo, nel momento in cui stiamo tuffandoci nel periodo più intenso di lavoro per portare al solito successo la 49° Su e Giù, a tutti i ragazzi della Virtus lancio un grido di incoraggiamento a proporsi ed a fare. Lo lancio a tutti i ragazzi della città e della Regione, per la verità, che hanno sempre risposto con generosità al nostro invito.

Forza ragazzi. Ci aspetta il solito grande lavoro. Scarichiamo un po’ i vecchi del pesante fardello.

Amo una frase del Generale Americano Mac Arthur: ”I vecchi soldati non muoiono mai, si limitano a scomparire”.

Noi dovremmo allontanarci in silenzio per non disturbare, come fanno le mamme dopo che hanno accudito nel letto ai figli, sicuri del loro percorso.


COME NELLE FAVOLE

di Roberto Palladino

Sembrava dormisse aspettando il principe che con il bacio le avrebbe ridato la luce.

Bella, serena, finalmente libera da quegli aghi che le hanno martoriato il corpo e quelle mura di ospedale che l’hanno tenuta reclusa per tanto tempo, Donatella si è abbandonata tra le braccia dei suoi splendidi figli, Marco, Andrea ed Alessandra e del suo adorabile consorte, Gaetano, che con lei ha condiviso le gioie e le ansie di un amore senza confini.

E si è lasciata, infine, prendere per mano per essere accompagnata in una nuova dimora. La casa delle fiabe, senza pareti né camici bianchi. Una casa che affaccia sul mondo. Una casa da cui osservare e sorvegliare i suoi cari.

Donatella, come tutte le mamme, non lascia un vuoto. Il suo ricordo riempirà quegli spazi di vita che era solita presiedere. E i momenti belli e quelli brutti saranno sempre con lei pienamente condivisi.

La ferma convinzione che tutto ciò accada o possa accadere può aiutare i suoi cari a superare questo difficile momento. La Virtus, dal canto suo, con umile e dignitoso comportamento, non può che essere quanto più vicina all’intera famiglia e, in particolare, ad Andrea.

E i ragazzi, i tecnici ed i dirigenti tutti lo abbracciano con forza e affetto incondizionati.


Campionati italiani Assoluti

di Roberto Palladino

           … poco più di un giro al traguardo… poco meno di 500 metri. I giochi non sono ancora fatti quando un manipolo di otto atlete sbuca dal curvone. Ognuna, frustando l’aria, insegue un unico medesimo sogno: il podio dei campionati italiani Assoluti. Ragionare, frenare le emozioni, gestire ogni stilla di risorsa, ossigenare il cuore, reclutare le più recondite energie, controllare le avversarie e… prendere il volo. Anche Icaro ci provò e, pur non riuscendo, entrò nella leggenda.

Vola solo chi osa farlo” … e Letizia, con l’eleganza del fenicottero, portandosi su una corsia esterna, prova il decollo. Il gruppo, sollecitato dalla sua accelerazione, si sfarina e perde quota. Restano sulla sua scia la bergamina Colli e la milanese Majori.

Quattrocento metri all’arrivo, ultimo dei dodici giri e mezzo. Le posizioni non cambiano. La virtusina produce una ulteriore scossa, ma non riesce a scrollarsi di dosso il fiatone delle due immediate inseguitrici. Anzi, la Majori, sul rettilineo opposto prova addirittura il sorpasso. Si è tutti con il fiato sospeso. Finanche Andrea, suo allenatore, valido e apprezzato mezzofondista, sta per espellere il cuore per rincorrere e incoraggiare la propria atleta. Era importante che non si lasciasse superare!

Ultima curva: poco più di centocinquanta metri. Le due ragazze viaggiano appaiate. Costola a costola. Forse qualche centimetro a favore dell’avversaria, ma nulla di più. Entrambe stanno grattando il fondo, ma nessuna dà segni di cedimento, neanche la Colli che, intanto, in sordina, si è avvicinata alle battistrada.

L’arrivo, sempre più vicino, sembra allontanarsi ad ogni passo. Le cadenze, se pur frenetiche, producono poco. Le mani graffiano l’aria. Cercano appigli. Ognuno vorrebbe soccorrere la propria atleta per sollecitarla a una maggiore spinta. Andrea, estenuato forse più della stessa Letizia, senza più voce né un filo di energia, riversava il suo corpo avanti per tagliare anzitempo il traguardo e noi tutti, qui, ad annaspare in piedi davanti allo schermo per ghermire quella stella che ci stava letteralmente trasecolando.

Il verdetto è esaltante e, nel contempo, impietoso. Letizia, il fenicottero gialloblu, è seconda a soli undici centesimi dall’oro, dal titolo di campionessa italiana. Storico, straordinario, meraviglioso! Che emozione!

Se è vero che “il buongiorno si vede dal mattino”, avevamo già avuto il sentore che qualcosa di buono l’impianto di Rieti ci avrebbe regalato. Il giorno precedente, infatti, durante la prima giornata dei campionati, il giovanissimo Francesco, nella gara dei dieci chilometri di marcia, aveva ottenuto uno strabiliante sesto posto migliorando sensibilmente il suo personale sulla distanza.

Che dire. Ancora una volta la Virtus si fa portavoce dell’atletica molisana sul palcoscenico nazionale. Bravi tutti! Dagli atleti ai tecnici e ai dirigenti che con indefesso entusiasmo inseguono e realizzano caparbiamente quei miracoli che la penuria di mezzi, strutture e sostegni finanziari renderebbero irrealizzabili.  


UNA MEDAGLIA ANCORA PIU’ BELLA

Campionati italiani Promesse di Marcia km 10

di Roberto Palladino

Bisognerebbe inventarsi una marcia sugli scalini perché ci si possa allenare a superare quegli ostacoli che impediscono di andare oltre. Sarà un caso o una maledizione, ma quel dislivello che permetterebbe a Francesco di accedere all’olimpo del podio dei campionati italiani è sempre un tantino più alto del dovuto. Non gli è stato sufficiente stabilire il personale sui dieci chilometri di marcia, avrebbe dovuto fare ancora meglio. Ma se si pensa che è chiedere troppo si dimostra di avere scarsa conoscenza del ragazzo. Francesco è testardo, tenace, volitivo e, soprattutto, determinato.

Solo poco tempo addietro l’atleta si barcamenava, difendendosi pur se egregiamente, sulle gare di corsa di fondo e di mezzofondo. Difficilmente avrebbe potuto immaginare di possedere spiccate doti da marciatore. Così, quasi per scherzo, ma non per caso, è stato indirizzato a quella disciplina del tacco-punta che da sempre è stata il fiore all’occhiello della Virtus. Tanti, infatti, sono stati i marciatori gialloblu che si sono distinti anche a livello nazionale e, addirittura, per alcuni di essi c’è stata la soddisfazione di vestire la maglia azzurra della nazionale italiana in competizioni internazionali.

I presupposti c’erano tutti, dalla disposizione organica a quella mentale, dalla talentuosità alla umiltà. E, guarda caso, solo due anni fa, quando ancora non si affermava come atleta di élite, la Virtus lo eleggeva “Atleta esemplare dell’anno”, punto di riferimento per i tanti ragazzi che fanno sport, e l’atletica leggera nello specifico.

Francesco oggi è studente universitario a Pescara e alterna lo studio agli allenamenti. Fare sport con serietà e costanza abitua i ragazzi a gestire e organizzare il proprio tempo libero. A sfruttare scientemente la giornata senza lasciare spazio alla noia, all’ozio, all’abulia. Il suo non è un caso isolato. Prima di lui e tutt’ora la maggior parte dei ragazzi abituati all’impegno attraverso lo sport affrontano e superano in modo brillante le responsabilità e le prove della vita. Quindi, anche la scuola. E la Virtus, fermamente convinta di tale asserzione, è particolarmente attenta a questo aspetto incentivando con assiduità certosina il rispetto delle regole e degli impegni presi. Checché ne pensino molti dei genitori, specialmente di ultima generazione, che impediscono ai propri figlioli di fare sport perché “distrarrebbe e ruberebbe spazio allo studio” (???).

E allora, forza Francesco, avrai mille altre opportunità per salire su quel podio che ancora oggi ti è sfuggito e, se proprio non dovessi riuscirci, sappi che il semplice fatto di averci creduto e provato con assiduità e fermezza ti ha fatto guadagnare una medaglia ancora più bella: quella della stima, dell’ammirazione e dell’affetto dei tuoi amici nonché dell’orgoglio dei dirigenti e dell’intero staff tecnico della società.


IL RESPIRO DEL FUOCO

di Roberto Palladino

Come nel sogno. Il fuoco perpetua il rito della memoria o proietta in un immaginario futuro. Penetra nell’anima, abbraccia, coinvolge, turba, rassicura. E, come un amico, condivide sentimenti di gioia e di rabbia. Il fuoco infonde vita, speranza, coraggio. È similitudine dell’esistenza di cui la fiamma ne è la parte concreta, la vita stessa, il decorso del tempo; la brace il suo passato recente; la cenere quello remoto, con le sue memorie, la sua storia, i suoi rimpianti; il fumo il suo futuro, con la sua imprevedibilità per i venti, le correnti o le perturbazioni che nel corso degli anni sopravvengono.

Il fuoco è l’amico perfetto. Il protettore, il consulente. L’unico a cui affidare ansie, segreti, delusioni o aspirazioni. Il suo riverbero, come il luccichio delle stelle, sgombra la paura delle tenebre. Il suo calore, come la carezza di una madre, rassicura e dà coraggio.

E l’amico vero è proprio come il fuoco. Devi restare in silenzio per sentirne il respiro, la presenza. Con lui non hai bisogno di parole: ti è affianco sempre e comunque. Pronto, altresì, a reindirizzarti nelle sbandate. Riconoscerlo è impresa ardua. Non è manipolabile. A lui devi rispetto perché non tradisce e all’occasione dà il conforto della sua energia. La fortuna di averne uno nell’arco della propria esistenza, è un privilegio assai raro.

L’ho conosciuto che si era appena accesa la fiammella della mia vita quando la sua era già scoppiettante da poco più di un anno. Da allora i nostri fuochi, pur se alimentati da legni diversi: più ardenti e duraturi i suoi, come quelli di quercia, di olmo o di faggio e più resinosi, di veloce combustione e meno caldi i miei, come quelli di pino, di abete o di larice, si sono supportati reciprocamente, fin quando, per un improvviso temporale, il suo ha esalato l’ultimo soffio. Abbiamo viaggiato sempre su binari paralleli pur se con atteggiamenti e condotte perfettamente opposti, ma condiviso la stessa meta.  

Non ho mai considerato Nicola come mio fratello. È stato l’amico, il fuoco che ha dato luce e tepore alla mia esistenza, che ha ravvivato la fiamma che più volte è stata per accasciarsi su sé stessa. E ancora oggi, a distanza di dodici anni, riesce a rinvigorire la brace custodita sotto la cenere della memoria ed infondere nel mio petto quel calore per innescare la scintilla necessaria ad accendere l’entusiasmo dei tanti giovani molisani.

La Virtus, con i suoi dirigenti e tecnici e la Su e Giù, con i suoi mille e mille partecipanti, d’altronde, continua a scaldarsi al falò dei suoi preziosi insegnamenti e a irradiare, a loro volta, come al fuoco di un bivacco, il tepore e il crepitio della sua fiamma amica.


SOLO PER UN SOFFIO

Campionati italiani km10 e CdS marcia km20

di Roberto Palladino

Che dire! Siamo appena agli albori della stagione agonistica su pista che già la mannaia virtusina si abbatte sul record regionale dei metri 10.000 che troneggiava dal lontano 1996. È ancora Letizia che, sulla pista rossa di Brescia, in occasione dei campionati italiani sulla distanza, con il tempo di 34’20”07, ha letteralmente polverizzato il precedente primato di Rosalba Monachese, atleta della Libertas Termoli.

Lucida e determinata, ha gestito con piglio opportuno una gara che, sin dalle prime battute, l’ha vista lì, tra le prime cinque.  È giunta quarta, a ridosso della terza, a un soffio dal podio. Peccato! Ma la stagione agonistica su pista proporrà altre opportunità e chissà …

Francesco, intanto, si trovava sulle strade di Alberobello, nei pressi di Bari, per la seconda prova dei campionati italiani di società Promesse dei 20 chilometri di marcia. Anche qui, come a Brescia, il podio è sfuggito per una manciata di secondi. A dirla tutta, non è stato esattamente il podio a scostarsi più in là quanto un incredibile ed inopportuno pit stop che lo ha costretto, per improvvisa esigenza fisiologica, non a fare il cambio delle gomme come normalmente avviene negli autodromi, ma a svuotare il serbatoio intestinale che sin dalle prime battute lo stava, a dir poco, infastidendo. Così, riparatosi dietro un cespuglio, ha provveduto a liberarsi e, giocoforza, a lasciare ai suoi immediati inseguitori il tempo per prevaricarlo. È arrivato, come Letizia, quarto, con la consapevolezza, però, di aver raggiunto uno standard qualitativo, sul palcoscenico nazionale, di assoluto livello.

Pescara, Luserna San Giovanni (TO), Padova, Ponticelli, Ancona, Trieste, Podebrady (Repubblica Ceca), Fano, Milano e, ultimi, Brescia e Alberobello (BA), senza considerare le numerose trasferte in regione, sono solo le prime tappe del 2022. Come in passato, da oltre sessant’anni, la Virtus è costantemente presente con i propri atleti nelle varie manifestazioni che la federazione indice, sia in ambito regionale che nazionale o internazionale. Ai ragazzi, senza distinzioni o preclusioni preconcette, viene offerta la possibilità di mettersi in gioco. La costanza, l’impegno profuso, la maturità ed il livello tecnico da loro acquisiti offrono al proprio trainer l’opportunità di proporli per competizioni adeguatamente congeniali alle loro potenzialità e vivere esperienze sempre più esaltanti.


NONOSTANTE IL DICIASSETTE

Campionati Italiani cross CSI

di Roberto Palladino

Il vento insistente e capriccioso si è insinuato per l’intera giornata lungo il flessuoso tracciato dei campionati nazionali di cross del Cento Sportivo Italiano sferzando il volto degli atleti e disseccandone la gola. Non è riuscito, però, a spegnere l’entusiasmo che ha animato l’evento che, sin dalle prime battute, ha visto sfoderare da parte dei concorrenti una verve competitiva capace di annullare l’effetto inibitorio dell’avversa condizione atmosferica.

Dagli Esordienti ai Veterani, le gare si sono succedute a ritmo incalzante. Neanche il tempo di consumare un fugace panino. Riscaldamento, camera di appello, gara, …riscaldamento, camera di appello, gara, …, premiazioni, … e così via. Dalle 8,30 alle 14,30. Senza sosta.

La Virtus ha messo in campo ben 17 partecipanti che, a dispetto del numero che, si dice, non sia proprio quello fortunato in quanto si fa risalire proprio al 17 il giorno del diluvio universale (?), hanno sfoderato prestazioni assai lusinghiere, degne del blasone della società che vanta di essere la più longeva e, sicuramente, tra le più medagliate del Centro Sportivo.

Su tutti, naturalmente, campeggia il primo posto, e quindi il titolo di campionessa italiana di Letizia che, con la classe e la naturale semplicità che la caratterizza, ha immediatamente fatto il vuoto alle sue spalle e primeggiato, da assoluta protagonista, senza scossoni e patemi d’animo. La stessa cosa non è avvenuta però a Jacopo che, pur conducendo, in modo tanto strepitoso quanto inaspettato, una prova a dir poco entusiasmante, alimentando l’illusione del colpaccio, è stato costretto, nostro e suo malgrado, nell’ultimo terzo di gara, a ridimensionarsi e cedere il testimone da capofila ad un suo tenace inseguitore. La beffa, però, doveva essere ancora consumata. A un soffio dal traguardo, proprio sul filo, viene anticipato anche da un secondo avversario di cui non si era avveduto.

Bravi, ancora, tutti gli altri: da Michele, quarto tra gli Amatori-A a Silvio 7° tra gli Amatori-B; da Lorenzo 11° tra gli Juniores ad Alfredo 12° tra i Ragazzi-A; dalle gemelline Lucrezia e Sveva rispettivamente 15^ e 17^ tra le Ragazze-B a Mario 19° tra i Seniores. Ma bravi, bravi anche tutti gli altri, davvero tutti: dagli Esordienti Andrea, Giuseppe e Vittorio ad Aurora tra le Ragazze; dalle Cadette Emilia e Roberta al Senior Nicola e, dulcis in fundo, al Veterano Andrea.

Una trasferta positiva, dunque. Una trasferta che ha soddisfatto pienamente i cinque dirigenti accompagnatori, sia sotto l’aspetto tecnico che comportamentale dei ragazzi, ma, riteniamo, principalmente, i numerosi genitori al seguito che hanno, così, potuto toccare con mano l’accortezza, la professionalità e la disponibilità che la Virtus profonde per i loro figlioli.

11/04/2022


L’APPIGLIO

54° trofeo “Luigi Di Nunzio”

di Roberto Palladino

Che trofeo!!!

Prima il Covid, poi la neve ed infine… le previsioni meteo non  incoraggianti.

Che disdetta!!!

Sembrava proprio che non saremmo riusciti ad organizzarlo.

Cent’ottanta partecipanti ed un nugolo di genitori tutt’altro che trascurabile hanno animato, invece, lo splendido scenario del Forum Park che per l’occasione è stato riportato ai giorni fausti di tempi addietro quando a flotte se ne animavano i prati, il bosco, il maneggio, i campi da tennis e da calcio e il ristorante. Merito della Virtus e delle tante società accorse da tutto il Molise spinte dalla indiscussa capacità organizzativa della società in grado di stimolare in modo incisivo il movimento atletico regionale e catalizzarne l’interesse.       

L’organizzazione è stata pressoché perfetta: puntuale e impeccabile.  Caterina, Gianni e Laura alla segreteria; Renato al servizio audio; Andrea per l’animazione dell’evento; Franco, Elio e Paolo alle premiazioni; Maurizio all’allestimento ed al controllo del percorso gara; Giulia e Lorenzo per il servizio video; i tecnici Franco, Claudia ed Ilio per il controllo e l’assistenza degli atleti; Carmine, presidente onorario e responsabile della Su e Giù, Nicola, attuale presidente della Virtus, e Dino, presidente dell’atletica molisana, per presenziare ed effettuare le premiazioni; il dottor Giovanni, per l’assistenza medica; gli operatori della Croce Azzurra per il pronto intervento; i giudici di gara della Fidal per il controllo della regolarità della gara, hanno garantito il successo della Manifestazione.

Le gare si sono succedute a ritmo incalzante e senza intoppi ed il percorso, ancora una volta disegnato con perizia e competenza, ha soddisfatto atleti e tecnici. Dagli Esordienti ai Master, ha prevalso quello spirito sano e competitivo che avalla il ruolo altamente educativo che riveste l’atletica leggera.

La 54^ edizione del trofeo, il più antico evento dell’atletica Molisana, per ricordare e commemorare Luigi Di Nunzio, un giovane atleta gialloblu perito nel lontano 1967 durante una trasferta sportiva, ha rispettato pienamente le attese. Fatta eccezione per la Virtus che ha realizzato 81 punti, ma che non concorreva perché società organizzatrice, il primo premio è stato aggiudicato all’Athletic Club di Termoli con punti 61, mentre, alle sue spalle sono risultate rispettivamente la Polisportiva Molise, seconda, con punti 43 e il Running Larino, terza, con punti 34.

Appuntamento, allora, al prossimo anno con l’augurio di non respirare ancora l’aria malsana della pandemia e quella avvelenata della guerra. Lo sforzo per tornare a rivivere un po’ di normalità nella salute e nella pace deve spronarci ad animare la speranza e lo sport, nella sua accezione più profonda, può offrirci l’appiglio a cui aggrapparci per uscire dal tunnel dello scoramento.


IL SORRISO DI ROBERTA

Campionati italiani di cross

di Roberto Palladino

Il sorriso di Roberta saluta una giornata di sport che arricchisce ulteriormente la storia di questo nostro gruppo sportivo. Sì, magari i risultati ottenuti da lei e dalla sua compagna di squadra, Emilia, non sono stati particolarmente esaltanti, ma la determinazione, la voglia e la generosità che hanno profuso in gara, sono state encomiabili e ampiamente apprezzate. D’altronde null’altro si poteva pretendere dalle due atlete che affinano le loro rispettive preparazioni in differenti discipline: la marcia, per quel che riguarda Roberta e la velocità ed i salti, Emilia.

Bene anche Jacopo, cinquantaduesimo a questi campionati italiani di Trieste. Agli occhi dei non “addetti al lavoro” può sembrare un risultato alquanto modesto, ma chi conosce le insidie e le difficoltà che si celano nelle prove di cross, specialmente della categoria Allievi, sa bene che chiudere un campionato italiano di corsa campestre tra i primi cinquanta/sessanta, non è affatto facile. Una massiccia “compagnia” (tanto per restare in un tema di guerra che, purtroppo, aleggia ultimamente sui nostri cieli) di oltre centocinquanta atleti ha preso parte alla sua gara per cui il risultato ottenuto non è affatto da sottovalutare.

Entusiasmanti, infine, Letizia e Leo nelle rispettive prove di cross corto. Entrambi sesti, hanno emozionato e sfoderato due prestazioni di eccellente livello tecnico e agonistico. Costantemente nel gruppo di testa al pari dei più blasonati atleti italiani (e non solo), i due virtusini, pur se con qualche leggero cedimento nella seconda parte della gara, ma con un finale travolgente, hanno pienamente centrato quelle che erano le aspettative dell’attento e competente tecnico Andrea.

Ancora una volta, avvalendosi delle prestazioni di questi ragazzi, ottenute con indefessa perseveranza nell’entusiasmo, e la competenza e l’abnegazione dei loro allenatori e dirigenti, che al freddo di queste notti buie campobassane, ne raffinano le capacità, la Virtus e il Molise intero, continuano a porre sul palcoscenico nazionale rappresentazioni di assoluto nitore.

Che ci siano allora tanti altri sorrisi di Roberta ad illuminare il proscenio sportivo di questa nostra regione tanto avara di visioni quanto ricca di risorse.


TERNO SECCO SULLA RUOTA DI ANCONA

Campionati Italiani Assoluti indoor

di Roberto Palladino

Quattro, cinque, sette: terno secco sulla ruota di Ancona.

E così, come nelle scorse edizioni, la Virtus coglie i frutti di una sagacia che l’hanno resa, nel tempo, la società più prolifica della regione. Piazzare tre pedine su tre tra le prime sette d’Italia non è cosa da poco per un gruppo sportivo che opera in una regione misera di tutto: a partire dagli impianti, e non ci si riferisce a quelli al coperto che sarebbe fantasioso solo immaginare, per finire alle società e di conseguenza agli istruttori e ai ragazzi che preferiscono dedicarsi ad altro che li ipotechi assai meno e li esoneri da responsabilità e impegni.

Trovare le cause di questa atavica situazione è impresa tanto palese quanto ardua. La famiglia, la scuola, i politici, la società insomma, giocano un banale scaricabarile che denota il totale disinteresse o quantomeno l’assoluta incapacità di operare. Ognuno per le proprie competenze, dovrebbe avere la consapevolezza del proprio ruolo e offrire il massimo contributo possibile necessario per ottimizzare l’operato di una comunità di cui i giovani ne costituiscono il fulcro.

Genitori disposti a tutto pur di giustificare le manchevolezze dei propri figli; una scuola inerme di fronte all’arroganza degli alunni e, ancora una volta, assai spesso, degli stessi genitori; una politica distratta dal proprio tornaconto e incapace di coltivare visioni condivise, rendono difficile, se non impossibile, una salutare crescita dei nuovi dirigenti futuri.

E allora, tornando a noi, cogliere risultati sportivi tanto eclatanti a livello nazionale, non può che inorgoglire ancor più i tecnici e i dirigenti, tutti assolutamente volontari, di questa straordinaria società, la Virtus, che, spesso, pur andando controcorrente, impegnando i ragazzi, implicando i genitori, coinvolgendo gli insegnanti scolastici e compromettendo le istituzioni politiche, riesce a realizzare imprese esaltanti.

Onore al merito, allora, all’universitario Francesco Benvenuto, quinto nella 5 chilometri di marcia, alla dottoressa Letizia Di Lisa, quarta nei 3000 metri e all’ingegnere Leo Paglione, settimo nella stessa distanza. Sono stati volutamente sottolineati i titoli scolastici di ognuno perché possa essere compreso, una volta per tutte, che lo sport, fatto con impegno e costanza, non può che essere uno straordinario elemento vincente e, ritengo, soprattutto, determinante per il raggiungimento di ambiziosi traguardi sociali.


APRI TUTTE LE PORTE

CAMPIONATI ITALIANI ASSOLUTI INDOOR

di Andrea Piscopo

Mai prima nella storia della Virtus!

Il palaindoor di Ancona “Apre tutte le porte”, sabato 26 e domenica 27 febbraio, ai Campionati Italiani Assoluti indoor. E le spalanca a ben tre atleti della Virtus: a Francesco Benvenuto nei 5000 metri di marcia ed a Letizia Di Lisa e Leo Paglione nei 3000 metri.

Non era mai successo nella storia dell’atletica molisana che una società della regione acquisisse il diritto di partecipare alla massima rassegna tricolore con tanti atleti. Era una chicca che mancava nel già corposo palmares della Virtus e Francesco, Leo e letizia hanno opportunamente rimpolpato.

Stanno “andando forte” questi nostri ragazzi giunti all’appuntamento indoor più importante dell’anno con in tasca i record personali ottenuti proprio in questo inizio di stagione nei palazzetti di Padova e Ponticelli.

Offriranno certamente il meglio di loro stessi con la determinazione e la classe che li contraddistinguono. Non saranno certamente semplici comparse o spettatori, ma, ne siamo certi, si renderanno protagonisti per onorare al meglio i colori della società, l’impegno e la competenza dei loro allenatori e il nome di questo nostro Molise sempre tanto bistrattato. E chissà se quella volpe che ha attraversato in questi giorni le corsie del campo “Nicola Palladino”, incrociandoli più volte nel corso degli allenamenti, non abbia voluto essere foriera di buona fortuna. E allora, e il lupo non ce ne voglia se stavolta gridiamo: “IN BOCCA ALLA… VOLPE, RAGAZZI!”.

“Viva la volpe!”.