Ho fatto un sogno!
Avevo appena preso posto a ridosso della parete quando, dirigendo lo sguardo verso la sala ho incrociato quello di Aniello Renga, di Mario Farinaccio, di padre Renato Valente, di Luigi Di Nunzio, di Franco Valerio, di Stefano Ruggiero, di Enzo Albino, di Luigi Zorzan.
Che impressione! C’erano davvero tutti. E che emozione! Ognuno, attorniato da un nugolo di giovani, stava narrando la favola della Virtus. Versioni diverse a seconda del momento storico vissuto, ma tutte identiche nei contenuti. Parlavano di generosità, di correttezza, di onestà. Cose sempre più rare ai giorni d’oggi, ma assai comuni qualche decennio fa allorquando una stretta di mano o una parola data erano ben più di un atto notarile. E discorrevano ancora di gratitudine, di disponibilità, di volontariato. Che bello!
La mia attenzione, improvvisamente, veniva allertata da una voce che ben conoscevo. In fondo alla sala, con modulazione calda e appassionata, si raccontava la storia del futuro della Virtus. Un racconto di visioni, speranze, certezze. Una fiaba che affondava le sue radici nelle parole di Nicola. Una fiaba che sapeva di antico pur parlando di futuro. Una fiaba che rivelava come si potesse diventare adulti restando bambini: trattenere l’innocenza e la genuinità di un cuore infantile per alimentare entusiasmo e meraviglia con gesti semplici.
Ho sognato di una nuova epifania della Virtus. Di nuovi volti e di nuove storie capaci di farsi largo in una collettività sempre più caotica, stanca e sofferente. Una collettività sempre più proiettata verso il successo, il progresso, il guadagno, … un futuro senza valori alternativi. Una collettività in cui la famiglia e la scuola a stento sopravvivono a loro stessi, totalmente abdicanti dal ruolo di educatrici e di custodi di valori etici.
Ho sognato di un gabbiano che sorvolava il campo di atletica leggera di Campobasso per preservare i ragazzi della Virtus dalle incursioni di predatori insolenti ed imbonitori di illusioni.
Ho aperto gli occhi per guardare in faccia la realtà e confrontarla. Ma, meraviglia, tutto era vero, come l’avevo immaginato: ero appoggiato alla parete, incrociavo lo sguardo con quello dei ragazzi in sala, ascoltavo la voce di Nicola. Solo i nomi erano diversi. I sogni non hanno bisogno di ali per volare, ma di cuori bambini e di poeti per dare loro vita. I sogni sono la finestra delle nostre aspirazioni, il terremoto della nostra coscienza. Inseguiamoli assieme.
Roberto Palladino
17/01/2016