VI RACCONTO UN SOGNO

di Roberto Palladino

Quello di questa notte.

Ero accanto al camino a godere la fiamma che dispettosa mi danzava davanti. Consapevole che non sarebbe durata molto, la stavo osservando con tenero affetto associandola alle scorribande, ai salti e alle capriole che avevano animato la mia gioventù quando un vociare soffuso suscitò la mia attenzione e, sbirciando attraverso i vetri opachi della finestra, intravidi tanti vecchietti, chi col bastone e chi con la lanterna, che girovagavano senza una meta per le viuzze del borgo curiosando negli anfratti, dietro i muri diroccati e tra gli arbusti. Ovunque ci fosse un riparo. Cercavano qualcosa.

Incuriosito sono uscito e, senza chiedere, mi sono unito a loro. Non dialogavano, ma ognuno biascicava, per conto proprio, parole incomprensibili. E così, senza rendermene conto, cominciai anch’io.

Si era fatto davvero tardi, la mezzanotte era prossima e nulla era cambiato tranne il vociare che si era infittito ulteriormente per il gran numero di vecchietti che nel frattempo erano accorsi senza un perché. Cerca di qua, cerca di là, ma niente di fatto. Ognuno, ingobbito dagli anni e dagli acciacchi, a testa china e con occhi velati, ispezionava il luogo.

C’era, però, determinazione in quella ricerca! La stessa fermezza che li aveva sostenuti anni addietro per superare i difficili momenti del dopoguerra e le vicissitudini che immancabilmente tracciano i solchi di una vita.

E intanto il tempo passava, stava per scoccare la mezzanotte quando da una casupola adiacente si levò il vagito di un bambino. All’unisono ci voltammo per cercarne la provenienza e, come per incanto, cominciammo a comunicare tra di noi.

Un semplice segnale di vita aveva ridato vigore e senso a tutto ciò che era stato. Al passato, a quello che avevamo fatto e avremmo potuto fare ancora. Una nuova vita è come un lumicino che si accende nel buio, è la motivazione del presente e la consapevolezza del patrimonio che rappresentiamo per i nostri giovani. Era proprio ciò che forse inconsciamente stavamo cercando e il richiamo di quel neonato ridava vita e valore ai nostri anni.

Non chiudiamoci, allora, a guscio. Non isoliamoci. Non lasciamoci sopraffare dalla malinconia. Continuiamo a sorridere alla vita. Affrontiamola con gli occhi eccitati dei bambini. Con quegli stessi occhi che si sgranano per un nonnulla.

Prendiamoli per mano e accompagniamoli nel loro percorso. Diamo vita e valore a questi nostri anni godendoci le novità che essi ci presentano consapevoli che quel che cerchiamo nel buio del nostro isolamento, al malinconico tremolio di una fiammella che si sta spegnendo è lì, accanto a noi e il vagito di un bambino non è altro che una richiesta di vicinanza, affetto e serenità che possiamo ancora, e forse più di prima, incondizionatamente offrire.