“… Nicola non se n’è andato, è solo morto”. Ed è bello scoprire che, nonostante il trascorrere del tempo, sia ancora vivo nella mente e nel cuore di chi lo ha conosciuto ed apprezzato. Grazie Gennaro, il tuo prezioso contributo per ravvivarne la memoria rinvigorisce il nostro orgoglio e ci dà la forza per perseguire con sempre più determinazione i suoi sogni.

                                                                                                                  La Virtus

Da “Primo Piano Molise” del 23 luglio 2021

di Gennaro Ventresca

NICOLA PALLADINO: L’UOMO DEL SAPERE

Per non dimenticare. Nicola Palladino morì dopo che un tumore lo condannò a fine rapida, il 15 maggio del 2010. Una data che dovremmo ricordare a memoria. Sino al­l’ultimo volle lavorare, gestendo il male con coraggio enorme, fachiresco, e sempre cercando di non dare di­sturbo, nel senso di riserbo. Almeno noi che amiamo lo sport, la vita e sappiamo distinguere il bello dal brutto ab­biamo l’obbligo di ricordarlo. Per me Nicola è stato un fra­tello a cui ho voluto un bene supremo, anche se da ra­gazzi siamo stati sempre avversari. Lui apparteneva alla Virtus, io alla Gladiator. Tanto agli Orfani di guerra che sulla carbonella ce le siamo suonate. In modo leale, anche se accanito.

Non solo per chi firma questa rubrica Nicola è stato tra i massimi giornalisti molisani. Anche se non ha mai pensato di iscriversi all’Ordine. Da uomo libero non si è voluto legare a nessuna categoria, in modo da poter te­nere sempre le mani slegate, da autentico grillo parlante. Superpreparato, lucido, onesto, essenziale nel senso di preciso conciso tagliente. Articoli da cui non potevi togliere un aggettivo, una virgola: essenziali, ma intanto divertenti.

Ha vissuto da arrabbiato contro chi non ha voluto capire che nessuno sport al mondo è grande ed è vero, autentico come l’atletica. Lui che pure sapeva scrivere bene di ogni sport e benissimo di sociale. Era colto e riu­sciva a mascherarsi da omino sempliciotto. Conosceva i calci d’angolo che aveva praticato anche con le maglie del Campobasso e dell’Isernia. Le sue storie sono state sempre perfette, mirabili, non un aggettivo di troppo ma neanche un aggettivo negato.

Uomo della mia tribù dei 170 centimetri, Nicola ha guar­dato beato e ammirato i giovani che venivano su, belli, alti, forti e con la testa piena di sogni, come fossero degli dèi. E lo erano, per lui. Anche se non indossavano la divisa della Virtus. Si divertiva a inventare soprannomi. Valga per tutti il colibrì che attaccò al petto alla minuta Adelina De Soccio e la rondine alla nipote Laura.

Odiava le rubriche sportive improntate sul calcio pigliatut­to. Forse per questo rifiutava i numerosi inviti ad apparire, se non nei giorni precedenti alla Su e giù che una sera di troppi anni fa inventò assieme al fratello Roberto, mentre si arrampicavano per le scale dei Monti.

Conservo gelosamente tutte le copie de II Primo, il perio­dico che diressi felicemente e di tanto in tanto nell’andare a rispolverarle mi soffermo a rileggere i suoi memorabili pezzi, autentiche vampate di novità. Come non mi faccio mancare gli affacci sulle pagine dei due libri che ci ha la­sciato in eredità, uno per merito dei suoi familiari, pubbli­cato postumo.

Nicola Palladino appartiene al giornalismo sportivo, visto da lui come fenomeno sociale e non, alla Brera, come gesto atletico di un campionario di razze. Nei suoi anni Nicola ha inciso sull’intero panorama sportivo molisano che conobbe nuovi orizzonti e voglia di andare oltre, avanti, lontano. Di proiettare lo sport sulla società che in­tanto si interessava sempre più dello sport.

Finché poté lavorare, dunque quasi sino all’ultimo giorno della sua vita, riuscì a essere felice, usando lo sport come anestetico per tutto e tutti.

P.S. Queste perline le dedico a tutti i molisani d’antan che conobbero Nicola e mi auguro di aver fatto cosa gradita anche ai giovani che non lo conoscevano. E che si saran­no incuriositi nel sentirne parlare.